A inaugurare la nuova esposizione il Direttore generale Musei, Prof. Massimo Osanna che dichiara: “Il Parco Archeologico di Ercolano rappresenta oggi un modello emblematico di collaborazione internazionale nel campo del patrimonio culturale. Il lavoro congiunto tra il Parco e il Packard Humanities Institute ha permesso di compiere passi significativi nella tutela, valorizzazione e accessibilità del sito, restituendo a questo luogo una nuova centralità, scientifica e culturale.I risultati raggiunti dimostrano quanto la cooperazione tra pubblico e privato possa generare interventi efficaci e sostenibili, capaci di coniugare rigore scientifico e visione progettuale. Ogni avanzamento a Ercolano non è solo un successo per la ricerca archeologica, ma anche un contributo concreto alla crescita della comunità e del turismo culturale. L’esposizione dei reperti lignei carbonizzati costituisce un’occasione straordinaria per mostrare come la fragilità dei materiali antichi possa ispirare nuove soluzioni di conservazione e valorizzazione. L’utilizzo di tecnologie innovative e il contributo congiunto di competenze specialistiche hanno reso possibile una presentazione rigorosa e accessibile, che restituisce agli oggetti la loro funzione e il loro significato originario. Una narrazione che, attraverso le tracce materiali, continua a restituire la voce della città antica”.“Dopo la mostra alla Reggia di Portici, per la loro unicità, era necessario dedicare ai legni uno spazio espositivo – dichiara il Direttore Sirano – e così oggi l’Antiquarium diventa non solo luogo di ricovero per questi arredi in legno carbonizzato, ma anche una finestra su una categoria di materiali archeologici che rende Ercolano unica al mondo. Il legno mirabilmente lavorato, decorato e persino intarsiato non rappresenta solo un vero e proprio miracolo salvatosi dall’eruzione, ma anche un filo rosso che dall’antichità ci accompagna ancora oggi nella nostra esperienza quotidiana. Tutto ci parla ad Ercolano, ogni reperto non è solo un frammento di passato, ma un testimone della vita vissuta. Grazie a un incessante lavoro di ricerca e conservazione, oggi possiamo offrire al pubblico un’esperienza che va oltre la semplice visita: un viaggio emozionale attraverso gli oggetti, le architetture e le storie degli antichi ercolanesi. Abbiamo voluto che ogni tappa della visita al Parco fosse un momento di scoperta e riflessione. Dal Padiglione della barca, che ci racconta il dramma dell’ultimo istante, agli straordinari manufatti che rivelano le attività quotidiane, ogni reperto è un tassello di una narrazione più ampia, che parla di vita, di speranze e di resilienza”.
Ercolano e il legno
L’eruzione del 79 d.C. ha come è noto distrutto e seppellito completamente diverse città situate intorno al Vesuvio, restituendo a noi una immagine assolutamente unica, per dettagli e completezza, della vita e della cultura di 2000 anni fa in un territorio non lontano da Roma e situato al centro del Mediterraneo. Tra i numerosi reperti che sono stati riportati alla luce, ad Ercolano una parte importante è costituita dal legno, impiegato sia per la realizzazione di elementi di arredo che come legno strutturale per la costruzione di edifici. Ercolano costituisce in tal senso un caso unico per questa tipologia di ritrovamenti, resi possibili grazie alle temperature anche superiori a 500 C° che si sono sviluppate durante l’eruzione, e poi alla dinamica del seppellimento successiva che ha consentito in diversi casi che oggetti e strutture rimanessero intatti nella loro interezza nonostante la fragilità che caratterizza il legno quando è carbonizzato. Ma è possibile sapere quali alberi erano utilizzati ad Ercolano? La risposta è affermativa perché ogni tipo di legno è caratterizzato da una struttura anatomica specifica che, osservata al microscopio, permette di identificare la specie di albero o arbusto da cui proviene anche nel caso di legno carbonizzato risalente a 2000 anni fa.
Grazie all’analisi di diversi campioni di legno archeologico è stato possibile scoprire che la specie di gran lunga più utilizzata era l’abete bianco, che possiamo considerare il “Re del Legno” di Ercolano, perché era impiegato indifferentemente sia per usi strutturali che nella realizzazione di arredi, con una frequenza superiore a quella di tutte le altre specie riscontrate sommate assieme. Questo dato costituisce da sempre un piccolo enigma, perché oggi nell’Italia peninsulare l’abete è abbastanza raro allo stato spontaneo, e si trova soprattutto in boschi di montagna; quindi, non è semplice individuare quali fossero i boschi che potevano garantire un approvvigionamento così massiccio e sistematico. Oltre all’abete bianco, il cipresso era un altro legno comunemente utilizzato per realizzare le strutture di tetti e solai degli edifici, al contrario di quercia e castagno, estremamente rari. Oltre a questo, la presenza di travi di notevoli dimensioni appartenenti a specie che vivono esclusivamente sulle Alpi come l’abete rosso, testimonia che il legname per usi strutturali arrivava, probabilmente via mare, anche da foreste decisamente molto distanti dal golfo di Napoli.
Per quanto riguarda il legno utilizzato per la produzione di oggetti di arredo di particolare qualità estetica, i dati dimostrano che la scelta ricadeva su tipologie di legno con caratteristiche ben precise, come lavorabilità, colori e venature. E in questo caso per la scelta dei legni ci si rivolgeva non solo alle foreste, ma anche agli alberi coltivati nelle campagne o piantati nei giardini come noce e bosso. L’archeobotanica ci racconta che il noce nelle campagne attorno al Vesuvio era comunemente coltivato per la produzione dei frutti; le caratteristiche del suo legno, a grana fine, facile da lavorare e di grande valenza estetica, erano evidentemente ben note agli artigiani dell’epoca, che per questo utilizzavano alberi non più in produzione. Un altro legno di grande qualità identificato ad Ercolano è quello del bosso, un legno da intaglio giallo chiaro, a grana finissima, di grandissima resa estetica; il bosso in natura era, 2000 anni fa come oggi, estremamente raro, ma era utilizzato come pianta ornamentale nei giardini.
A differenza degli altri siti archeologici vesuviani Ercolano testimonia in maniera unica per qualità e quantità di reperti anche la cultura e l’economia del legno e delle foreste di 2000 anni fa nella Campania di 2000 anni fa.