Il legno che non bruciò ad Ercolano: all’Antiquarium del Parco Archeologico la mostra sui legni. I visitatori immersi nell’ambientazione di una domus dell’antica Ercolano
L’Antiquarium del Parco Archeologico di Ercolano, dal 10 aprile 2025, accoglie un’ampia scelta della collezione di mobili e strumenti di legno proveniente dall’antica Ercolano, unica al mondo nel suo genere. Gli straordinari reperti, testimoni della vita quotidiana dell’antica città romana, hanno assunto nel tempo un valore sempre più identitario per il sito, l’eruzione del Vesuvio infatti carbonizzò senza bruciare arredi e oggetti. Paradossalmente è stata proprio la distruzione operata dalla catastrofica eruzione del Vesuvio del 79 d.C. ad averceli consegnati; la massa alta 20 metri di fango piroclastico ad altissima temperatura precipitata sulla città ha fatto sì che a causa dell’assenza di ossigeno il legno si sia carbonizzato e non combusto.
Dopo essere stati in mostra per oltre un anno (dal 13.12.2022 al 31.12.2023) alla Reggia di Portici, gli arredi in legno trovano dimora in via sperimentale nell’Antiquarium con una disposizione che ricrea due ambienti tipici di una casa romana, restituendo la funzionalità stessa degli oggetti esposti. Ai visitatori viene offerto un ulteriore approfondimento dell’esperienza di visita che si affianca alla conoscenza delle attività marinaresche cui erano dediti gli antichi abitanti di Ercolano – con la visita del Padiglione della Barca – e all’idea del lusso attraverso gli ori, le pitture e le statue esposti nel piano sottostante l’ala dedicata ai legni.
Gallery sulla mostra Il legno che non bruciò ad Ercolano
A inaugurare la nuova esposizione il Direttore generale Musei, Prof. Massimo Osanna che dichiara: “Il Parco Archeologico di Ercolano rappresenta oggi un modello emblematico di collaborazione internazionale nel campo del patrimonio culturale. Il lavoro congiunto tra il Parco e il Packard Humanities Institute ha permesso di compiere passi significativi nella tutela, valorizzazione e accessibilità del sito, restituendo a questo luogo una nuova centralità, scientifica e culturale.
I risultati raggiunti dimostrano quanto la cooperazione tra pubblico e privato possa generare interventi efficaci e sostenibili, capaci di coniugare rigore scientifico e visione progettuale. Ogni avanzamento a Ercolano non è solo un successo per la ricerca archeologica, ma anche un contributo concreto alla crescita della comunità e del turismo culturale. L’esposizione dei reperti lignei carbonizzati costituisce un’occasione straordinaria per mostrare come la fragilità dei materiali antichi possa ispirare nuove soluzioni di conservazione e valorizzazione. L’utilizzo di tecnologie innovative e il contributo congiunto di competenze specialistiche hanno reso possibile una presentazione rigorosa e accessibile, che restituisce agli oggetti la loro funzione e il loro significato originario. Una narrazione che, attraverso le tracce materiali, continua a restituire la voce della città antica”.
Dopo la mostra alla Reggia di Portici, per la loro unicità, era necessario  dedicare ai legni uno spazio espositivo – dichiara il Direttore Sirano – e così oggi l’Antiquarium diventa non solo luogo di ricovero per questi arredi in legno carbonizzato, ma anche una finestra su una categoria di materiali archeologici che rende Ercolano unica al mondo. Il legno mirabilmente lavorato, decorato e persino intarsiato non rappresenta solo un vero e proprio miracolo salvatosi dall’eruzione, ma anche un filo rosso che dall’antichità ci accompagna ancora oggi nella nostra esperienza quotidiana. Tutto ci parla ad Ercolano, ogni reperto non è solo un frammento di passato, ma un testimone della vita vissuta. Grazie a un incessante lavoro di ricerca e conservazione, oggi possiamo offrire al pubblico un’esperienza che va oltre la semplice visita: un viaggio emozionale attraverso gli oggetti, le architetture e le storie degli antichi ercolanesi. Abbiamo voluto che ogni tappa della visita al Parco fosse un momento di scoperta e riflessione. Dal Padiglione della barca, che ci racconta il dramma dell’ultimo istante, agli straordinari manufatti che rivelano le attività quotidiane, ogni reperto è un tassello di una narrazione più ampia, che parla di vita, di speranze e di resilienza”.
 La raccolta di arredi in legno carbonizzato risale agli scavi condotti da Amedeo Maiuri a partire dagli anni Venti del Novecento ed è particolarmente significativa per la tecnica di recupero adottata, basata sul consolidamento grazie alla paraffina. Le campagne di scavo condotte nel primo decennio del XXI secolo, nell’area della Villa dei Papiri e lungo la parte orientale dell’antica spiaggia, hanno portato alla luce nuovi frammenti di prezioso mobilio in legno e avorio, oltre ai resti di un tetto e di un controsoffitto ligneo policromo, appartenenti al salone dei marmi della Casa del Rilievo di Telefo. Questi sorprendenti ritrovamenti hanno dato impulso a un’intensa fase di restauri e ricerche sulla funzione, sulla produzione e sulla conservazione dei manufatti lignei, caratterizzati non solo dalla carbonizzazione, ma anche da un elevato grado di imbibizione. Il complesso processo di studio è stato portato avanti in stretta collaborazione con il team di archeologi e restauratori del Packard Humanities Institute, con l’obiettivo di approfondire le conoscenze e sviluppare strategie di conservazione sempre più efficaci.
La fragilità di questi reperti ha reso chiaro che ogni spostamento rappresenta un’operazione delicata e rischiosa. Per questo motivo, la nuova esposizione è stata progettata con l’obiettivo di valorizzare questi straordinari reperti, utilizzando soluzioni tecniche innovative e tecnologie avanzate, al fine di renderli accessibili al pubblico, garantendo al contempo la loro conservazione ottimale. L’esposizione è stata infatti progettata rispettando le normative per la conservazione, con un costante monitoraggio delle condizioni microclimatiche degli ambienti espositivi. Un approccio di questo tipo unisce la tutela del patrimonio con una fruizione ottimale da parte del pubblico.
Le peculiarità dei reperti in legno, che combinano condizioni uniche riscontrabili solo nel sito di Ercolano, hanno preteso approfondimenti nella letteratura scientifica e seppure ancora in una fase sperimentale, le operazioni condotte negli ultimi anni – sia gli interventi di restauro più recenti, sia le sperimentazioni realizzate in collaborazione con istituti di ricerca di fama internazionale – hanno contribuito a migliorare la comprensione di questo materiale, del suo degrado e dei trattamenti più idonei per preservarlo.
Il progetto di allestimento, curato da ACME04 srl, ha dato nuova veste all’ambiente, ed ha riservato specifica e prioritaria attenzione sugli aspetti conservativi delle opere esposte, grazie ad un sistema di climatizzazione attiva fornito da Tecno-El Tecnologie Elettroniche srl. Gli sfondi colorati, ispirati agli ambienti delle domus, e un complesso sistema di teche accolgono i pezzi più rappresentativi e raffinati del corpus ligneo ercolanense, come i frammenti policromi del celebre Tetto di Telefo, alcuni larari, armadi, tavoli, un letto, una culla e lo scafo di un’imbarcazione ritrovata lungo la spiaggia. Alcuni video, su cui scorrono immagini 3D, sostituiscono le didascalie tradizionali, a comporre un insieme particolarmente suggestivo e coinvolgente.
Francesco Sirano termina il secondo mandato alla direzione del Parco Archeologico di Ercolano (2017-2025); il Direttore Generale Musei Prof. Massimo Osanna ha annunciato che la Direzione del Parco viene da oggi attribuita alla sua persona, con delega a Francesco Sirano, che rimane quindi operativo alla guida del Parco.

Ercolano e il legno

L’eruzione del 79 d.C. ha come è noto distrutto e seppellito completamente diverse città situate intorno al Vesuvio, restituendo a noi una immagine assolutamente unica, per dettagli e completezza, della vita e della cultura di 2000 anni fa in un territorio non lontano da Roma e situato al centro del Mediterraneo. Tra i numerosi reperti che sono stati riportati alla luce, ad Ercolano una parte importante è costituita dal legno, impiegato sia per la realizzazione di elementi di arredo che come legno strutturale per la costruzione di edifici. Ercolano costituisce in tal senso un caso unico per questa tipologia di ritrovamenti, resi possibili grazie alle temperature anche superiori a 500 C° che si sono sviluppate durante l’eruzione, e poi alla dinamica del seppellimento successiva che ha consentito in diversi casi che oggetti e strutture rimanessero intatti nella loro interezza nonostante la fragilità che caratterizza il legno quando è carbonizzato. Ma è possibile sapere quali alberi erano utilizzati ad Ercolano? La risposta è affermativa perché ogni tipo di legno è caratterizzato da una struttura anatomica specifica che, osservata al microscopio, permette di identificare la specie di albero o arbusto da cui proviene anche nel caso di legno carbonizzato risalente a 2000 anni fa.

Grazie all’analisi di diversi campioni di legno archeologico è stato possibile scoprire che la specie di gran lunga più utilizzata era l’abete bianco, che possiamo considerare il “Re del Legno” di Ercolano, perché era impiegato indifferentemente sia per usi strutturali che nella realizzazione di arredi, con una frequenza superiore a quella di tutte le altre specie riscontrate sommate assieme. Questo dato costituisce da sempre un piccolo enigma, perché oggi nell’Italia peninsulare l’abete è abbastanza raro allo stato spontaneo, e si trova soprattutto in boschi di montagna; quindi, non è semplice individuare quali fossero i boschi che potevano garantire un approvvigionamento così massiccio e sistematico. Oltre all’abete bianco, il cipresso era un altro legno comunemente utilizzato per realizzare le strutture di tetti e solai degli edifici, al contrario di quercia e castagno, estremamente rari. Oltre a questo, la presenza di travi di notevoli dimensioni appartenenti a specie che vivono esclusivamente sulle Alpi come l’abete rosso, testimonia che il legname per usi strutturali arrivava, probabilmente via mare, anche da foreste decisamente molto distanti dal golfo di Napoli.

Per quanto riguarda il legno utilizzato per la produzione di oggetti di arredo di particolare qualità estetica, i dati dimostrano che la scelta ricadeva su tipologie di legno con caratteristiche ben precise, come lavorabilità, colori e venature. E in questo caso per la scelta dei legni ci si rivolgeva non solo alle foreste, ma anche agli alberi coltivati nelle campagne o piantati nei giardini come noce e bosso. L’archeobotanica ci racconta che il noce nelle campagne attorno al Vesuvio era comunemente coltivato per la produzione dei frutti; le caratteristiche del suo legno, a grana fine, facile da lavorare e di grande valenza estetica, erano evidentemente ben note agli artigiani dell’epoca, che per questo utilizzavano alberi non più in produzione. Un altro legno di grande qualità identificato ad Ercolano è quello del bosso, un legno da intaglio giallo chiaro, a grana finissima, di grandissima resa estetica; il bosso in natura era, 2000 anni fa come oggi, estremamente raro, ma era utilizzato come pianta ornamentale nei giardini.

A differenza degli altri siti archeologici vesuviani Ercolano testimonia in maniera unica per qualità e quantità di reperti anche la cultura e l’economia del legno e delle foreste di 2000 anni fa nella Campania di 2000 anni fa.

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa del Parco Archeologico di Ercolano

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