CAROL RAMA – Geniale sregolatezza, mostra a cura di Francesco Poli e Luca Motto
Museo di Arti Decorative Accorsi Ometto, Torino 15 aprile – 14 settembre 2025
Clicca qui per il commento a cura di Luca Swanz Andriolo (14 aprile 2025)
Clicca qui per le informazioni ufficiali sulla mostra
–
commento a cura di Luca Swanz Andriolo (14 aprile 2025)
Carol Rama, Geniale Sregolatezza. Fondazione Accorsi – Ometto, Torino.
“La mucca pazza sono io.”
Carol Rama
Per i torinesi residenti in zona Vanchiglia, Carol Rama è stata per anni La Signora con la Treccia. Alcuni andavano oltre e le attribuivano una liaison con Orson Welles e, per trovare conoscitori delle sue opere, occorreva cercare tra i più attempati, o tra i più ricettivi durante la riscoperta dell’artista, avvenuta negli anni Ottanta, con un certo ritardo rispetto alla nascita dei suoi capolavori e alla sua produzione, che inizia attorno al 1930. Rama è stata dunque una testimone del Secolo Breve, contemporanea di avanguardie sempre rielaborate in un’ottica personale, nonché amica di intellettuali di spicco, precorritrice e rivelatrice, narratrice e sognatrice, che oggi ci pare imprescindibile e a cui l’eccellente mostra al Museo d’Arti Decorative Accorsi-Ometto rende giustizia, con una scelta cospicua e preziosa di opere, magnificamente esposte in una luce che le fa affiorare dal nero come El Perro di Velasquez, in tutta la loro cromaticità, matericità e drammaticità.
Gallery con foto © Plastikwombat 2025, Silvia Vaulà e Paolo Grinza.
La mostra, intitolata Geniale Sregolatezza, svela invero il percorso di un’artista regolarmente irregolare: dall’iniziale Isola degli occhi (1966) che guarda l’osservatore, un bricolage secondo la definizione di Sanguineti, si passa, non senza aver salutato il celebre, fantasioso e iconico autoritratto, ovvero la donna dai capelli a caschetto che fa la linguaccia (ma la lingua esposta è anche il ricordo delle visite manicomiali della pubertà dell’artista, insieme alle gambe spalancate e alla impudica fisicità del folle), agli acquerelli dei primi anni – più osceni che erotici e sfacciatamente eretici – percorsi da un surrealismo batailliano e dalla nota vena di “incazzatura esistenziale” (secondo le parole dell’artista stessa), per poi passare ai colori e alla materia della sala dedicata alla produzione dell’immediato dopoguerra, dominata, dopo qualche opera di derivazione espressionista, da un avvicinamento personalissimo all’astrattismo concreto, in cui il vago rimando picassiano di un ritratto cede alle composizioni ritmiche memori di Kandiskij, fino ad esplosioni informali che non possono che ricordare Burri: un cromatismo che (si) presenta e non rappresenta, con una sorta di musicalità visiva, dominato dal rosso cupo e dal nero, ma anche da un’ocra dalle reminiscenze kleeiane, lontane dal casoratismo coevo. Gli anni Sessanta, invece, si contraddistinguono per una ricerca disinvolta, insieme rigorosa e caotica, tragica, in cui emerge nuovamente una simbologia sessuale sofferta, in raffigurazioni genitali ataviche e mitologiche, con inserti grafici che paiono iscrizioni rupestri preistoriche e geroglifici esotici, anche quando si tratta dell’equazione di Schrödinger, accanto a figure mutilate che rimandano ad Hans Bellmer o a un’ombra dalle braccia alzate in segno di resa disperata, paragonabile al lavoro post-fotografico del Roger Ballen odierno. Essere donna è sanguinare, essere uomo è evocare la guerra con semplice esposizione del fallo, ora eretto, ora sconfitto e impotente. Il sesso è condanna e lotta.
Il ritorno alla figurazione degli anni Ottanta (condiviso con molti artisti della Transavanguardia), ha un che di baconiano, ma incorpora per certi versi il linguaggio del Pop, senza sposarne l’aspetto decorativo. Alcuni dipinti sono realizzati su fogli di una tesi di laurea in ingegneria, altre su progetti di architettura romana o greca. Gli anni Novanta e Duemila, anziché mostrare senilità, riportano un vigore eclettico: braccia, gambe, immancabili lingue, copertoni e camere d’aria in gomma resi organici (il padre, in fondo, produceva proprio copertoni e componenti automobilistici), l’epidemia di encefalopatia spongiforme bovina come simbolo di morte, decadimento, ma ancora una volta di immedesimazione biografica: Olga Carolina Rama, in arte Carol, è essa stessa la Mucca Pazza, la donna ribelle, l’artista inconciliabile.
Oltre alle 92 opere in esposizione, una sezione dedicata alle foto di Bepi Ghiotti realizzate nella casa-studio dell’artista torinese impreziosisce l’esperienza e mostra altri capolavori d’arte, questa volta applicata (considerando le stampe in questione come documento), ma a pieno titolo artistiche ed esteticamente abbacinanti, nelle geometrie delle inquadrature e nei colori.
Il catalogo è generoso è accurato, almeno quanto la precisa ma non cattedratica guida alla prima visita di Francesco Poli, il cui contributo divulgativo scorrevole e puntuale impreziosisce il volume.
In occasione del decimo anniversario dalla sua scomparsa, la Fondazione Accorsi-Ometto rende omaggio, attraverso una vasta retrospettiva, a Carol Rama (1918-2015), la grande artista torinese di fama internazionale, premiata con il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia del 2003.
La mostra, curata da Francesco Poli e Luca Motto, presenta un’accurata selezione di circa un centinaio opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, che documentano le principali tappe della ricerca dell’artista dagli anni Trenta ai primi anni Duemila.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
L’esposizione, che si articola in diverse sezioni, si apre con una serie di acquerelli della fine del decennio Trenta, caratterizzati dalla libertà espressiva del segno grafico e da un’esplicita carica erotica, nei quali l’artista riversa le fantasie e le inquietudini della sua adolescenza, raffigurando personaggi e oggetti, allusivi ed emblematici, tratti dal suo vissuto. Si affianca la parallela produzione espressionista degli anni Quaranta di oli denotati da una densa materia pittorica e di disegni raffiguranti volti, figure e paesaggi.
La sezione successiva inquadra le ricerche di Carol Rama all’inizio degli anni Cinquanta che, in linea con i nuovi linguaggi pittorici del dopoguerra, si avvicinano all’astrattismo di matrice concreta. Nel 1953 aderisce, unica donna insieme a Paola Levi Montalcini, alla compagine torinese del Movimento Arte Concreta (Biglione, Galvano, Parisot, Scroppo).
Alla fine del decennio Carol Rama, come la maggior parte degli artisti della sua generazione, si rivolge all’Informale: in mostra sono esposti una serie di dipinti denotati da una spessa materia pittorica dove emerge una prepotente carica cromatica e segnica.
Viene presentata poi la nota serie dei Bricolage (così definiti da Edoardo Sanguineti) prodotta dalla metà degli anni Sessanta: l’approccio pittorico a macchia di derivazione informale è integrato con il collage di oggetti quali occhi di bambola, scarti della lavorazione del metallo, siringhe, pietre, tappi in gomma e molto altro: materiali e oggetti di recupero, carichi di vissuto, che entrano nella composizione del dipinto. Vi sono poi i lavori della fine del decennio Sessanta composti da smalti, vernici nebulizzate e inserzioni di oggetti che, attraverso l’allusione a figure con gli arti protesi e ad ombre atomiche, rimandano alla condizione umana in piena Guerra Fredda.
La sezione successiva dell’esposizione considera la produzione degli anni Settanta dove l’artista con la serie delle così dette Gomme, prende le distanze dalla produzione precedente e propone opere di impronta completamente rinnovata. Viene abolito il pittoricismo di base, a favore dell’esperienza del quadro in sé, ridotto ai suoi minimi termini: su superfici monocrome bianche o nere Carol Rama dispone porzioni di camere d’aria, talvolta pendule, in bilanciate composizioni astratte, animate soltanto dalle differenze cromatiche e dalle tracce dell’uso.
Segue il ritorno a una rinnovata figurazione, tipica degli anni Ottanta e Novanta, dalla tecnica complessa e raffinata, cromaticamente accese: mondi popolati da figure umane, angeli e animali, geometrie, paesaggi e prospettive fantastiche su carte prestampate, spesso del secolo precedente.
La mostra si chiude con la produzione più recente tra gli anni Novanta e i primi Duemila: figure umane, volti, animali, parti anatomiche costellano, anche in questo periodo, l’intricato linguaggio allusivo dell’artista. In particolare Carol Rama sviluppa, a partire dalla metà degli anni Novanta, un altro tema che sarebbe divenuto una costante fino agli anni duemila: dopo aver visto in televisione immagini legate alla vicenda del cosiddetto “morbo della mucca pazza”, su di esse costruisce una nuova serie di opere dal forte impatto.
Attraverso fotografie e filmati di interviste, il pubblico potrà approfondire ulteriormente la conoscenza della straordinaria personalità dell’artista.
INSIDE CAROL RAMA
Grazie al progetto fotografico INSIDE CAROL RAMA del 2012-2014 dell’artista Bepi Ghiotti, confluito nell’omonimo volume del 2015, si potrà esplorare, attraverso 12 scatti, l’affascinante mondo di arredi, di oggetti e di immagini della mitica casa-studio di via Napione a Torino, dove Carol Rama ha vissuto per oltre settant’anni. Una mostra all’interno della mostra che catapulta il visitatore nel mondo magico dell’abitazione dell’artista, luogo dove nasceva la sua produzione artistica, ma anche luogo di incontro e di scambio con artisti, intellettuali, critici, galleristi, musicisti, quali: Italo Calvino, Cesare Pavese, Felice Casorati, Albino Galvano, Italo Cremona, Massimo Mila, Edoardo Sanguineti, Giancarlo Salzano, Luciano Berio e molti altri.
BIOGRAFIA
Carol Rama nasce a Torino il 17 aprile 1918. Autodidatta, fin da adolescente coltiva la passione per il disegno e la pittura. La prima opera risale al 1936 e da quella data fino al 1946 compone acquerelli dalla forte carica erotica i cui temi attingono dal vissuto personale. Parallela è la produzione di opere ad olio espressioniste (1937-1950). Nel 1948 è presente alla Biennale di Venezia, dove espone anche nel 1950, 1956 e nel 1993.
Segue poi la fase di astrattismo concreto (1951-1958). Dalla metà degli anni Cinquanta aderisce al gruppo torinese del Movimento Arte Concreta (con Biglione, Galvano, Parisot, Scroppo e Levi Montalcini). Verso la fine del decennio la sua ricerca vira verso l’informale con lavori molto materici (1959-1963) per poi rivolgersi alla serie dei Bricolage (1962-1968) opere che combina l’inserimento di oggetti alla pittura a macchia. Sono della fine del decennio (1968-1969) alcune opere dai forti connotati politici.
Negli anni Settanta l’artista nella serie delle Gomme (1970-1979), impiega camere d’arie e copertoni per costruire opere dove sono combinate in modo più statico e pittorico oppure penzolano simulando budelli e interiora di corpi.
Dal 1980 vi è il ritorno alla figurazione (1980-1995) su carte prestampate che sono popolate da un fantasioso microcosmo di corpi, oggetti e animali. La serie più rilevante degli anni Novanta è quella de La mucca pazza (1996-2001).
Espone fino agli anni Ottanta a Torino e in Italia. Diventa maggiormente nota al pubblico grazie alla mostra del 1985 a Milano curata da Lea Vergine, da quella data si susseguono importanti personali in Italia e all’estero.
Nel 2003 le viene conferito il Leone d’oro alla carriera presso la Biennale di Venezia.
Carol Rama Muore a Torino il 24 settembre 2015.
INFORMAZIONI PER IL PUBBLICO
Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto
Via Po 55 | Torino 011 837 688 int. 3
info@fondazioneaccorsi-ometto.it | fondazioneaccorsi-ometto.it
ORARI
Martedì, mercoledì e venerdì 10.00-18.00 │ Giovedì 10.00-20.00 │ Sabato, domenica e festivi 10.00-19.00
La biglietteria chiude mezz’ora prima.
Lunedì chiuso
TARIFFE
BIGLIETTO UNICO (comprensivo di ingresso al Museo): intero € 14,00; ridotto € 12,00
RIDOTTO: fino a 26 anni; over 65 RIDOTTO CONVENZIONI: € 10,00 RIDOTTO INSEGNANTI: € 6,00
GRATUITO: fino a 10 anni; possessori Abbonamento Musei e Torino + Piemonte card; possessori
tessera ICOM; diversamente abili; giornalisti iscritti all’albo
VISITE GUIDATE ALLA MOSTRA
QUANDO: giovedì, ore 17.30 | Sabato, domenica e festivi ore 11.30 e 17.30
COSTO: € 6,00 oltre al biglietto d’ingresso
Comunicazioni ufficiali e immagini (ove non indicato diversamente) dall’Ufficio Stampa Fondazione Accorsi – Ometto | Museo di Arti Decorative