ANIMALI SELVATICI (R.M.N.), UN FILM DI CRISTIAN MUNGIU

Al cinema dal 6 luglio 2023
Distribuzione: BiM Film
Durata: 125’

ROMANIA, FRANCIA, BELGIO – 2022 – 2.39 – 5.1

Animali Selvatici (R. M. N.), di Cristian Mungiu
Il poster del film

SINOSSI

Mancano pochi giorni al Natale e dopo aver lasciato il suo impiego in Germania, Matthias ritorna nel suo multietnico villaggio in Transilvania. Il suo desiderio è quello di seguire con maggiore impegno l’educazione di suo figlio Rudi, che ha affidato troppo a lungo alle cure della madre Ana, liberando il ragazzo dai timori irrisolti di cui è diventato preda. È preoccupato per il suo vecchio padre Otto, ma è anche ansioso di rivedere la sua ex-amante Csilla. Quando un gruppetto di nuovi lavoratori viene assunto nel piccolo stabilimento che Csilla dirige, la pace della comunità viene turbata e gli adulti cadono preda di paure ancestrali mentre frustrazioni, conflitti e passioni irrompono facendo breccia nella sottile facciata di apparente calma e comprensione.

CAST ARTISTICO

Marin Grigore Matthias

Judith State Csilla

Macrina Bârlădeanu Ana

Orsolya Moldován La Signora Dénes

Andrei Finți Papa Otto

Mark Blenyesi Rudi

Ovidiu Crișan Il signor Baciu

CAST TECNICO

Scritto e diretto da Cristian Mungiu

Fotografia Tudor Vladimir Panduru, RSC

Scenografie Simona Pădurețu

Costumi Cireșica Cuciuc

Montaggio Mircea Olteanu

Suono Olivier Do Hùu, Constantin Fleancu e Marius Leftărache

Produttore esecutivo Tudor Reu

Produttori Cristian Mungiu / Mobra Films (RO)

Coproduttori Pascal Caucheteux and Grégoire Sorlat / Why Not Productions (FR)

Delphine Tomson / Les Films du Fleuve (BE) Anthony Muir and Kristina Börjeson / Film I Väst (SE)

Animali Selvatici (R. M. N.), di Cristian MungiuNOTE DI REGIA

Transilvania

Ricordo di aver visto un film di Mel Brooks negli anni ’80 intitolato Frankenstein Junior. Era già in partenza una commedia, ma era ancora più comico per noi in Romania, dal momento che il protagonista saliva su un treno a New York e scendeva da quello stesso treno a Bucarest, che nel film era la capitale della Transilvania e simboleggiava il luogo che si trova alla fine del mondo, nonché la terra dei vampiri e dei mostri.

La storia di R.M.N. si svolge poco prima della pandemia, durante il Natale 2019 e l’inizio del 2020, in un piccolo villaggio multietnico in Transilvania, la provincia più occidentale della Romania. È la storia di Matthias che torna a casa dalla Germania e di Csilla che lavora al forno di produzione del pane del villaggio.

Non mi addentro troppo nella storia della Transilvania, ma per noi rappresenta il tipico territorio a lungo conteso tra due paesi e che è passato dall’uno all’altro. Un po’ come l’Alsazia e la Lorena. Nel nostro caso la disputa è stata tra Romania e Ungheria, o meglio l’Impero austroungarico. Di conseguenza, in Transilvania vivono sia rumeni sia ungheresi. Ma non sono gli unici abitanti. Circa 700 anni fa ai sassoni furono assegnate le terre al confine dell’Europa, accanto ai monti Carpazi. Dunque in Transilvania ci sono anche dei tedeschi. La maggior parte di loro se ne andò negli anni ’70 quando Ceaușescu li vendette alla Germania Occidentale per 5.000 marchi tedeschi pro capite. I rimanenti abbandonarono quelle terre dopo la caduta del comunismo. Ma le loro case, le chiese fortificate, i cimiteri e i villaggi circondati da alte recinzioni ci sono ancora. E in Transilvania ci sono tantissimi popoli romani. Vi arrivarono dapprima come schiavi o servi circa 200 anni fa e molti si sistemarono nelle case abbandonate dai tedeschi quando questi se ne andarono.

Con così tante etnie diverse, la Transilvania è diventata il terreno di gioco preferito dei movimenti populisti o nazionalisti di ogni genere. Negli anni ’90 c’erano scontri in strada con vittime. In seguito le cose si sono calmate. Molte persone sono andate a lavorare all’estero dal momento che la povertà ha impattato sulle loro vite, a prescindere dalla loro etnia. Il nazionalismo torna a fare capolino di quando in quando, in particolare prima delle elezioni.

Ma non lasciatevi confondere: il film non parla della situazione in Transilvania, né di rumeni, ungheresi e tedeschi che dividono lo stesso territorio. È ambientato in quella regione, ma parla anche di russi e ucraini, di bianchi e di neri, di sunniti e sciiti, di ricchi e di poveri, persino di alti e di bassi. Non appena si palesa una seconda persona nella stanza, questa viene percepita come appartenente a una diversa tribù e dunque potenzialmente nemica.

Cristian Mungiu. Foto di Orazio Bernardi
Cristian Mungiu. Foto di Orazio Bernardi

Lingue, religioni, bandiere (e altre trascurabili differenze per le quali le persone si uccidono reciprocamente)

Nel film, gli ungheresi parlano ungherese, i rumeni rumeno e i tedeschi tedesco, ma ciò nonostante si capiscono l’uno con l’altro. Parlano tutti inglese dal momento che è anche una storia sulla globalizzazione e i suoi effetti collaterali. I personaggi più sofisticati parlano anche francese. E, ovviamente, il francese parla inglese, mentre chi viene da lontano parla una lingua propria che nessun altro comprende.

Come spettatore, se capisci tutte queste lingue, sei bravo, complimenti. In caso contrario, ci sono i sottotitoli: a volte hanno colori diversi per lingue diverse, altre volte spetterà a voi indovinare chi parla cosa. I rumeni hanno una bandiera blu, gialla e rossa, gli ungheresi in Ungheria hanno una bandiera verde, bianca e rossa, ma gli ungheresi in un paio di contee della Transilvania hanno una bandiera blu e gialla, la bandiera della cosiddetta Tinutul Secuiesc (Terra dei Siculi) o contea Székely che milita per l’autonomia. Stranamente, per motivi storici, questa contea non è situata al confine con l’Ungheria, bensì nel bel mezzo della Romania.

I rumeni sono prevalentemente ortodossi; gli ungheresi sono per lo più cattolici, mentre i tedeschi sono in larga parte luterani. Ma non è così semplice: alcuni ungheresi sono unitariani, alcuni rumeni sono greco-cattolici, alcuni tedeschi sono calvinisti.

Di conseguenza, ogni villaggio ha svariate chiese diverse e persino le campane suonano in mondo differente. Oggi, con tante persone che sono andate a lavorare all’estero, molte chiese hanno pochissimi parrocchiani. Le chiese protestanti sono chiuse. Tuttavia, di solito c’è sempre qualcuno nel villaggio che detiene la chiave della chiesa per chiunque desideri visitarla. Quando qualcuno del villaggio muore all’estero, a migliaia di chilometri di distanza, uno dei suoi parenti telefona a casa in modo che le campane del suo villaggio natale suonino per lui.

Queste differenze possono sembrare minime e sono sicuramente complesse da seguire. Eppure, nel corso della storia, sono state combattute delle guerre per queste particolarità e sono state uccise delle persone per differenze ancora più piccole.

Miorița e altre ispirazioni per il film

Non mi ero reso conto di quanto Miorița fosse stata una fonte di ispirazione per questo film finché non ho notato quante pecore e altri animali appaiono in esso. Miorița è difficile da spiegare: è una ballata nazionale rumena che narra la storia di tre pastori e del loro gregge. Questi pastori provengono da regioni diverse, uno ha più pecore e quindi è più ricco, motivo per cui gli altri decidono di ucciderlo e di impossessarsi del suo gregge. Le sue adorate pecore, il suo cane fedele e la natura in generale cercano di metterlo in guardia, ma lui crede nella sorte: se questo è il suo destino, che si compia. C’è persino uno schema associato con la Miorița, con la geografia della Romania e con il modo rumeno di vedere la vita: si chiama ritmo ascendente e discendente.

A scuola studiamo tutti la Miorița e nel film i bambini la recitano per le festività natalizie. Il cane fedele di Matthias lo mette in guarda quando si manifesta un pericolo e le sue pecore gli sono affezionate forse più di chiunque altro. Naturalmente, al di là della Miorița, c’era la storia vera: prima dello scoppio della pandemia, nella Tinutul Secuiesc, la Terra dei Sicuri, alcuni proprietari di fabbriche presero in considerazione l’ipotesi di assumere lavoratori provenienti da lontano, dal momento che i locali se ne erano andati per lavorare in paesi dell’Europa occidentale. Tuttavia, i personaggi di R.M.N. e i rapporti tra loro sono di fantasia, come lo sono le motivazioni e gli atteggiamenti di ciascuno e gli eventi descritti nel racconto.

Un’altra lontana fonte d’ispirazione è la storia di Roșia Montană: in sostanza è l’emblema del dilemma che impone la scelta tra l’offrire posti di lavoro nelle miniere d’oro (e distruggere l’ambiente con il cianuro) o il salvaguardare l’ambiente e i meravigliosi paesaggi per le generazioni future mentre i locali vivono in protratte condizioni di indigenza.

E poi, ci sono state le storie di animali e degli effetti collaterali del fatto che la Romania pare possedere la più numerosa popolazione di orsi e lupi d’Europa, raccontate a scadenza regolare dai mezzi di informazioni.

Tradizioni

Tradizione significa che le persone fanno una cosa perché altre persone l’hanno fatta prima di loro. In fondo, qualcuno in origine l’ha fatta per uno scopo che il più delle volte era “scacciare i cattivi presagi”. Concorderete che persino questa spiegazione è più sensata rispetto al fare una cosa perché “è tradizione farla”.

Nel film, ritraiamo diverse consuetudini inverali: alcuni si vestono con pelli di pecora e di capra e danzano, altri indossano pelli d’orso e vengono frustati, alcuni si abbigliano come i nostri antenati – i Daci – visti di buon occhio per aver contrastato la conquista romana. In alcune zone della Romania,

per Capodanno gli uomini indossano semplicemente maschere ed enormi elmetti. Si incontrano il primo giorno dell’anno e si sfidano in una lotta mortale. Non provengono neppure da villaggi diversi: quelli che stanno in cima alla collina combattono quelli che stanno ai piedi di essa e a volte rimangono uccisi. Non giudicateli: se non altro non c’è imbroglio. E non è molto diverso da tanti sport e gare che sublimano lo stesso istinto di aizzare la propria tribù contro un’altra.

Stereotipi e narrazioni

Una delle narrazioni più ricorrenti per spiegare l’attuale posizione della Romania tra i paesi europei è che non ci siamo sviluppati tanto quanto le società occidentali perché siamo stati impegnati a combattere gli invasori che volevano saccheggiare l’Europa e grazie al fatto che noi li abbiamo tenuti occupati qui nell’est, gli occidentali hanno avuto tutto il tempo del mondo per progredire ed erigere le loro opulenti cattedrali.

Ma allo stato attuale molte altre narrazioni vengono utilizzate per rendere conto dello stato del pianeta oggi. La globalizzazione è la nuova Babele, un segno che il mondo sta giungendo alla fine. Quando anche le malattie diventeranno globali, la fine sopraggiungerà rapidamente. Il surriscaldamento globale è un altro segno dell’imminente epilogo e presto l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali le esaurirà e le persone si faranno la guerra per sopravvivere.

Per secoli, è stato più facile identificare gli invasori. I locali vivevano in piccoli villaggi tra le foreste e non appena appariva qualcuno a dorso di cavallo sull’altro versante della collina, veniva subito individuato come potenziale nemico (il turismo è arrivato dopo). Oggi, con gli aerei, le cose sono diventate più complesse.

Uno stereotipo peculiare riguarda gli unni, gli antenati degli ungheresi, giunti a dorso di cavallo e soliti nutrirsi di carne cruda che frollavano mettendola sotto la sella. È uno stereotipo talmente diffuso che nessuno lo mette in dubbio.

Circa 30 anni fa, il Consiglio Europeo ha raccomandato l’uso del termine “rom” al posto di “zingaro” o “gitano” percepito come offensivo. La Romania tentò inutilmente di opporsi all’iniziativa per la confusione che generava tra rom, popoli romanì, romeno e rumeno e così la confusione crebbe. Per i rumeni essere scambiati per rom è la più grande offesa, mentre gli occidentali percepiscono il nostro desiderio di fare la distinzione come un atteggiamento già inappropriato e discriminatorio.

Temi

R.M.N. mette in discussione i dilemmi della società di oggi: solidarietà rispetto a individualismo, tolleranza rispetto a egoismo, correttezza politica rispetto a sincerità. Mette anche in discussione il bisogno atavico di appartenere, di identificarsi con il proprio gruppo etnico, con la propria tribù e di considerare naturalmente l’altro con riserva e con sospetto – sia esso appartenente a una diversa etnia o a una diversa religione o a un diverso sesso o a una diversa classe sociale. È una storia sul tempo passato, percepito come attendibile, e sul tempo presente, vissuto come caotico; sul carattere subdolo e ipocrita di una scala di valori europea che viene più rivendicata che messa in atto. È una storia che parla di intolleranza e discriminazione, di pregiudizio, stereotipi, autorità e libertà. È una storia che parla di codardia e di coraggio, dell’individuo e delle masse, del destino personale rispetto a quello collettivo. È anche una storia sulla sopravvivenza, sulla povertà, sulla paura e su un futuro feroce.

Il film parla degli effetti causati dalla globalizzazione in una piccola comunità radicata in tradizioni secolari: i valori dei tempi andati sono smarriti, ma l’accesso a internet di cui oggi gode la gente non ha proposto valori aggiornati, ma al contrario ha gravato le persone della difficoltà di distinguere la verità dalle loro opinioni personali nel caos cognitivo e morale dei nostri giorni.

R.M.N. affronta anche il tema degli effetti collaterali della correttezza politica: la gente ha imparato che è meglio non esprimersi se la propria opinione differisce dalla norma del giorno, ma il “politically correct” non è un processo formativo e non serve a cambiare profondamente le opinioni, ma solo a inibire le persone dal dire quello che pensano. Ma così facendo alla fine le cose si accumulano e a un certo punto debordano.

Di per sé la storia non associa le idee “politicamente scorrette” con un’etnia o un gruppo particolari: dal momento che opinioni e azioni sono sempre individuali, non dipendono dall’identità di un gruppo ma da fattori molto più complessi.

Al di là delle connotazioni sociali, nella storia è presente un profondo livello umano generale che parla di come i nostri convincimenti siano in grado di forgiare le nostre scelte, che parla dei nostri istinti, dei nostri impulsi irrazionali e delle nostre paure, degli animali sepolti dentro di noi, dell’ambiguità dei nostri sentimenti e delle nostre azioni e dell’impossibilità di arrivare mai a comprenderli pienamente.

Le cose che amo maggiormente nel film sono quelle che non possono essere espresse a parole.

Fili rossi visivi

Ci sono svariate immagini ricorrenti e altrettanti motivi visivi nel film. Se mai avrete la pazienza di guardarlo due volte, avrete qualcosa in più da scoprire.

Stile

Girare in piano sequenza (a prescindere dalla lunghezza o dalla complessità di una scena) è una dichiarazione che determina profondamente la forma di uno stile cinematografico. Di conseguenza, un regista deve impostare una situazione nel modo il più possibile credibile e veritiero e poi registrare quell’istante. Il ritmo non viene dato dal montaggio, ma è interiorizzato. Le ellissi avvengono solo tra scene diverse – la situazione si svolge in tempo reale, nulla viene eliminato.

Applicare coerentemente questa scelta mi ha portato a girare una scena di gruppo della durata di 17 minuti con 26 personaggi che parlano in un’unica ripresa.

Le riprese

La sceneggiatura è stata scritta nella primavera del 2021, i finanziamenti e la produzione sono stati messi in piedi rapidamente e le riprese hanno avuto luogo tra il novembre 2021 e il gennaio 2022. Abbiamo preferito non girare nella Terra dei Siculi, ma a Rimetea, un villaggio della Transilvania ex patrimonio dell’UNESCO.

I ruoli principali sono affidati ad attori professionisti, mentre quelli secondari sono interpretati da non-professionisti. A ciascun attore è stata data la propria parte, ma non le scene riguardanti situazioni che non avrebbe conosciuto il proprio personaggio. I dialoghi erano interamente scritti. Il film è stato girato in digitale in luoghi già esistenti ad eccezione della casa di Csilla che è stata costruita da zero sul posto.

Il titolo

A quanto pare, l’empatia ed altre abilità di interazione sociale hanno origine sulla superficie della corteccia cerebrale, mentre gli istinti più animali che hanno contribuito alla sopravvivenza della specie umana occupano il restante 99% del cervello.

R.M.N. sta per Rezonanta Magnetica Nucleara – Risonanza Magnetica Nucleare. In inglese l’acronimo è NMR – Nuclear Magnetic Resonance. E in francese è IRM. In sostanza, si tratta di uno strumento di indagine del cervello, una scansione di quest’organo allo scopo di cercare di individuare cose sotto la sua superficie.

Leggendo la sceneggiatura, per il film qualcuno aveva suggerito il titolo Europe 2.0. Durante le riprese, in una delle location, mi sono imbattuto in un’immagine risalente alla fine del XIX secolo chiamata Lamb of God (lett. Agnello di Dio).

Ho pensato che avrebbe potuto essere un buon titolo.

Cristian Mungiu
Cristian Mungiu. Foto di Song Xiangyang

Testi, video e immagini dagli Uffici Stampa BiM Distribuzione e Reggi & Pizzichino.

Dove i classici si incontrano. ClassiCult è una Testata Giornalistica registrata presso il Tribunale di Bari numero R.G. 5753/2018 – R.S. 17. Direttore Responsabile Domenico Saracino, Vice Direttrice Alessandra Randazzo. Gli articoli a nome di ClassiCult possono essere 1) articoli a più mani (in tal caso, i diversi autori sono indicati subito dopo il titolo); 2) comunicati stampa (in tal caso se ne indica provenienza e autore a fine articolo).

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