A Palazzo Reale di Milano l’attesissima mostra MUNCH. Il grido interiore
14 settembre 2024 – 26 gennaio 2025

Leggi qui il racconto di Alessandro Turillo (22 maggio 2024)
Leggi qui le informazioni ufficiali sulla mostra


Dentro il fulgore di Munch

Munch è sicuramente uno degli artisti che inconsapevolmente frequentiamo di più al giorno.

Lo vediamo ogni volta che scrolliamo la galleria di emoticon in cerca dell’espressione giusta per dire qualcosa. Il volto dell’urlo ispirato a lui può essere usato in tanti modi, per scherzare, chiedere aiuto, per dire quanto grande sia la nostra paura, ma in ogni caso, è li con noi, insieme al folto gruppo di icone che da quasi trent’anni danno una goccia di immagine ai nostri messaggi.

L’urlo però, prima dei suoi compagni di schermata, da cento trentuno anni ha messo a fuoco un punto essenziale: la forza del nostro sentire ha l’intensità di una stella. Ma se vogliamo dirci umani, dobbiamo dar voce a quel fulgore, qualunque esso sia.

Dopo ‘40 anni dall’ultima mostra milanese, uno dei più importanti pittori del ‘900 torna in Italia per un doppio appuntamento a Milano nel 2024 e a Roma nel 2025.

Con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, e prodotta da Palazzo Reale di Milano e Arthemisia, in collaborazione con il Museo Munch di Oslo. L’esposizione si propone di ricordare il gesto non solo pittorico ma umano di un artista che ha fatto fluire con la sua tecnica il tessuto della trama di ciò che più ci caratterizza: le nostre emozioni.

L’allestimento di Patricia G. Berman che è una delle più grandi studiose al mondo di Munch, fa emergere con chiarezza sia la classicità che la contemporaneità, di uno dei fondatori dell’arte moderna.

Una delle linee guida del percorso che gli spettatori incontreranno sarà l’incentivo a osservare le opere a partire da quella che era la percezione della realtà di Munch, vissuta attraverso le proprie emozioni.

Tone Hansen, Direttrice del Museo Munch a Oslo, che è partner dell’iniziativa, parlando del suo conterraneo, sottolinea, quanto fosse sensibile alle vibrazioni dell’aria, ed allora penso a come questo racconto, sia così immediatamente percepibile nelle sue tele. Onde di colore, per dire senza veli quanto accade mentre la vita ci scorre dentro.

All’inizio della sua carriera il giovane Edvard si muove tra impressionismo e post impressionismo che lo guidano verso un uso del colore sempre più psicologico e personale, portandolo poi a dare forma a quell’arte fluida e intensa che si è consoliderà nel nostro immaginario.

Artista eversivo per i suoi contemporanei, inizialmente è reputato scandaloso per l’acuta capacità di mostrare il non accettabile della sua epoca. Un uomo la cui biografia certamente fu costellata da afflizioni ma, come ricorda Domenico Piraina, il direttore di Palazzo Reale di Milano, soprattutto un artista che ha saputo parlare una lingua universale, al di là e oltre le sue vicende personali. Dunque, una sollecitazione per il nostro presente e futuro, nella direzione di una maggior consapevolezza del rapporto tra percezione, emozione e realtà.

Ma di cosa parla il suo linguaggio così personale?

Secondo Iole Siena, presidente di Arthemisia, la mostra sarà in grado di metterci a contatto sia con i vissuti di uno dei norvegesi più apprezzati al mondo, sia, con la corrente emotiva vivissima ancora oggi presente in tutti i suoi lavori.

Le opere esposte sono volte a proporre la forte identità artistica del pittore, che diede forma, in modo quasi rabdomantico, all’angoscia esistenziale che il mondo avrebbe attraversato da lì a poco.

Pensiamo alla serigrafia de L’urlo in esposizione, dove la perturbazione delle forme della natura emerge con forza, nella sua ondularità espressiva. Ricordiamo la genesi del celebre dipinto, che rimonta al 1893:

«Una sera camminavo lungo un viottolo in collina nei pressi di Kristiania – con due compagni. Era il periodo in cui la vita aveva ridotto a brandelli la mia anima. Il sole calava – si era immerso fiammeggiando sotto l’orizzonte. Sembrava una spada infuocata di sangue che tagliava la volta celeste. Il cielo era di sangue – sezionato in strisce di fuoco – le pareti rocciose infondevano un blu profondo al fiordo – scolorandolo in azzurro freddo, giallo e rosso – Esplodeva il rosso sanguinante – lungo il sentiero e il corrimano – mentre i miei amici assumevano un pallore luminescente – ho avvertito un grande urlo ho udito, realmente, un grande urlo – i colori della natura – mandavano in pezzi le sue linee – le linee e i colori risuonavano vibrando – queste oscillazioni della vita non solo costringevano i miei occhi a oscillare ma imprimevano altrettante oscillazioni alle orecchie – perché io realmente ho udito quell’urlo – e poi ho dipinto il quadro L’urlo.» [pp. 46-47 dal libro di Edvard Munch, Frammenti sull’arte, a cura di Marco Alessandrini, Milano, Abscondita, 2015, ISBN 978-88-8416-625-8]

Ritornando alla conferenza stampa di presentazione e anticipazione della mostra, durante la stessa Costantino D’Orazio, direttore dei Musei Nazionali dell’Umbria, ricorda che l’esposizione è impreziosita dal taccuino italiano di Munch, e da un filmino girato da lui. Da questo punto di vista, si accenna quasi inconsapevolmente ad un autore vicino alla sensibilità di alcuni suoi colleghi nel nostro tempo, prolifici come lui nella scrittura, e amanti del video.

La mostra presta attenzione al viaggio di Munch in Italia e in particolar modo a Roma, dove passò del tempo sia per lo studio di Michelangelo, sia per venire a commemorare lo zio Peter Andreas Munch. Come ha ricordato l’Ambasciatore di Norvegia in Italia Johan Vibe, l’eminente studioso, parente del pittore, fu il primo straniero ad avere l’accesso agli archivi vaticani. Nel suo passaggio a Roma Munch andrà presso la tomba dello zio, al cimitero acattolico di Testaccio: fatto di cui si potrà ritrovare nota, in alcuni suoi bozzetti.

Un Munch che viaggia, che esprime un sentire sicuramente Europeo e aperto all’alterità presente nel mondo, questo evento è un’occasione secondo Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano, per rinsaldare un legame tra le nazioni, nel già sempre amichevole rapporto con la Norvegia, che attraverso il Patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia in Italia, evidenza, l’importanza di questo scambio così ricco e fruttuoso.

Quando un grande amico del tuo passato torna in città allora, è molto probabile che tu voglia incontrarlo, sapere come sta, e soprattutto verificare cosa sia cambiato dall’ultima volta. Può darsi che quell’amicizia nel tempo ti avesse dato molto, e allora prima avvicinandoti a quel momento senti uno strano altalenare tra paura della delusione e eccesiva aspettativa.

Munch torna in Italia, e sono certo che il dialogo che noi abbiamo avuto con lui nel tempo sia fermo al nostro ultimo incontro, immacolato nella sua forza vitale che attraversa il tempo e lo spazio e ci continua guardare sincero, anche da un’icona degli emoticon.



Dopo 40 anni dall’ultima mostra a Milano, EDVARD MUNCH (Norvegia, 1863-1944) viene celebrato con una grande retrospettiva, promossa da COMUNE DI MILANO – CULTURA, con il patrocinio della REALE AMBASCIATA DI NORVEGIA A ROMA, e prodotta da PALAZZO REALE e ARTHEMISIA, in collaborazione con il MUSEO MUNCH DI OSLO.

Protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna, Munch è considerato un precursore dell’Espressionismo e uno dei più grandi esponenti simbolisti dell’Ottocento, nonché l’interprete per antonomasia delle più profonde inquietudini dell’animo umano.

La vita di Munch è stata segnata da grandi dolori che lo hanno trascinato ai limiti della follia: la perdita prematura della madre e della sorella, la tragica morte del padre, la tormentata relazione con la fidanzata Tulla Larsen. Tutto ha contribuito a formare la poetica di Munch, che riuscirà a esprimere, grazie a un eccezionale talento, il suo grido interiore trasformandolo in opere d’arte. I suoi volti senza sguardo, i paesaggi stralunati, l’uso potente del colore riescono a raggiungere ogni essere umano, trasformando le sue opere in messaggi universali, il malessere esistenziale che affligge ogni essere umano. È questo che ha determinato la grandezza di Munch, rendendolo uno degli artisti più iconici del Novecento.

La mostra, curata da PATRICIA G. BERMAN, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, racconterà tutto l’universo dell’artista, il suo percorso umano e la sua produzione, e lo farà attraverso 100 OPERE, tra cui una delle versioni litografiche custodite a /Oslo de L’Urlo/ (1895), ma anche /La morte di Marat/ (1907), /Notte stellata/ (1922–19249), /Le ragazze sul ponte/ (1927), /Malinconia/ (1900–1901) e /Danza sulla spiaggia/ (1904).

Ad arricchire la mostra milanese, è previsto un ricco palinsesto di eventi che coinvolgerà diverse realtà culturali della città e che andrà ad approfondire la figura dell’artista ed espandere i temi delle sue opere esplorando diversi linguaggi, dal cinema all’architettura, dalla musica alla letteratura e molto altro.
Il programma sarà pubblicato prossimamente sui canali di comunicazioni dei partner coinvolti.

LA MOSTRA AVRÀ UNA SECONDA TAPPA A ROMA, A PALAZZO BONAPARTE, DAL 18 FEBBRAIO AL 2 GIUGNO 2025.

L’ARTISTA
Munch è uno degli artisti che ha saputo meglio interpretare sentimenti, passioni e inquietudini della sua anima, comunicandoli in maniera potente e tragica.
Plasmato inizialmente dal naturalista norvegese Per Lasson Krohg, col quale iniziò la carriera pittorica nel 1880, si spostò a Parigi per la prima volta nel 1885 e qui subì le influenze impressioniste e postimpressioniste che gli suggerirono un uso del colore più intimo, drammatico ma soprattutto un approccio psicologico.

Munch fu per tutta la sua vita condizionato dalla sofferenza e dalla mancanza che conobbe già da bambino, quando subì la perdita scioccante della madre e della sorella, malate di tubercolosi.

A Berlino contribuì alla formazione della Secessione Berlinese e nel 1892 si tenne la sua prima personale, che non solo non fu apprezzata, ma fu anche reputata scandalosa: da quel momento Munch ha incarnato la figura
dell’artista eversivo e maledetto.

Una vita precaria e vissuta “sull’orlo di un precipizio” che lo portò all’alcolismo e a una crisi psicologica, fino al ricovero in alcune case di cura tra il 1908 e il 1909.
Scegliendo l’isolamento, si spostò quindi nella sua proprietà di Ekely a Oslo fino alla sua morte nel 1944, dopo un mese dal suo ottantesimo compleanno.

MUNCH. IL GRIDO INTERIORE
14 SETTEMBRE 2024 – 26 GENNAIO 2025
PALAZZO REALE, MILANO

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Arthemisia.

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