96 Rue de-La-Fontaine Edizioni Archivi - Classicult https://www.classicult.it/tag/96-rue-de-la-fontaine-edizioni/ Dove i classici si incontrano. Cultura e culture Thu, 15 Dec 2022 17:46:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.1 https://www.classicult.it/wp-content/uploads/2018/08/cropped-tw-profilo-32x32.jpg 96 Rue de-La-Fontaine Edizioni Archivi - Classicult https://www.classicult.it/tag/96-rue-de-la-fontaine-edizioni/ 32 32 Francesco Strocchi – Tr3 Sei 5 https://www.classicult.it/francesco-strocchi-tr3-sei-5/ https://www.classicult.it/francesco-strocchi-tr3-sei-5/?noamp=mobile#respond Wed, 14 Dec 2022 18:38:03 +0000 https://www.classicult.it/?p=176730 Tr3 Sei 5 è la seconda raccolta di Francesco Strocchi, che segue il suo primo libro, dal titolo Ultimissime dall'Italia

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Il panorama poetico italiano, oggigiorno, è alquanto peculiare. Stiamo assistendo ad un fenomeno definibile come “boom poetico”, considerando il numero sempre più elevato di raccolte poetiche presenti sul mercato. Tuttavia, il lettore che si trova davanti a questa ingente produzione si ferma un minuto e si chiede: ma sarà poi poesia? Com’è possibile che tutto oggi siano poeti?

Domanda più che lecita, poiché, andando a spulciare tra le raccolte prodotte da case editrici indipendenti e self publishing, troppo spesso ci si scontra con prodotti tiepidi e solo instagrammabili. C’è da chiedersi se questo fenomeno stia esplodendo a causa delle chat o dei social che favoriscono un tipo di comunicazione.
Tuttavia, fortunatamente, nel mucchio spiccano anche nomi degni di essere ricordati. Uno è quello di Francesco Strocchi.

Francesco Strocchi Ultimissime dall'Italia
La copertina del libro di Francesco Strocchi, Ultimissime dall’Italia, pubblicato da 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni (2019) nella collana La carrucola del pozzo

Ma chi è il poeta Strocchi? Francesco nasce nel settembre del 1971 e cresce tra Veruno e Biella. Dopo aver concluso gli studi di Lettere Classiche presso l’Università di Milano, ottiene un PhD presso l’University College of London. Oggi risiede nella capitale inglese, dove vive con la sua famiglia e ha lavorato come Direttore di Openedu Ltd. Alla carriera universitaria si affianca quella poetica. Nel 2019 esce il suo primo libro, dal titolo Ultimissime dall’Italia. Nel 2021, invece, assistiamo alla nascita della sua seconda raccolta Tr3 Sei 5.

Francesco Strocchi Tr3 sei 5
La copertina del libro di Francesco Strocchi, Tr3 Sei 5, pubblicato da 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni (2021) nella collana La carrucola del pozzo 

Tr3 Sei 5

“chi siamo noi adulti?” una ripetizione, Mirko dice,
senza ritornello, gli ospiti di quel castello, una relazione
con quello che bene ti scopa, il braccio si buca,
tre civette (o tre galline o tre scimmiette) 

Tr3 Sei 5 è una raccolta tremendamente nostalgica. Il tempo pare essere l’elemento cardine della sua struttura. Il tempo inteso come temporalità, che vede andar via ricordi d’infanzia, di gioventù sino all’età adulta. A questo, si unisce la bellezza, a tratti frammentata, dei paesaggi e delle città del mondo. Spesso non c’è dato sapere di quale luogo Strocchi stia parlando, eppure le sue descrizioni rendono quei luoghi ignoti conoscibili.

Il tempo e il luogo non sarebbero però nulla senza le persone che ne fanno parte. Si parla di amici, amanti e conoscenti. Di loro Francesco racconta dettagli tanto precisi da permettere al lettore di poter costruire nella propria testa il volto e le abitudini di questi personaggi. A questo, la lirica di Strocchi affianca il mondo classico e, come un aedo, sfrutta questo per poter parlare dell’essere umano nella sua complessità e completezza.

Unendo tutti questi elementi, diventa impossibile non accostare Strocchi ad un altro nome: Konstantinos Kavafis. Tuttavia, se in Kavafis la tematica amorosa e sensuale assume toni struggenti e rassegnati, in Strocchi questi contenuti diventando pieni di brio, come in un film di Fellini. Proprio tramite il regista riminese, ci colleghiamo all’uso del cinema all’interno di Tr3 Sei 5. Un regista la cui poetica risulta essere fortemente presente è Ingmar Bergman. Bergman, per definizione, è stato il regista che più di tutti è riuscito a scavare all’interno dell’animo umano e a rendere la pellicola cinematografica un potete strumento narrativo. Molti critici, infatti, ritengono che Bergman sia stato il primo regista capace di filmare il senso del tempo.

Poeti e poesia

Collegandoci a quanto detto nel paragrafo introduttivo, oggi siamo circondati da poeti o, meglio, da gente che scrive poesia. In generale, l’Italia è una delle nazioni in cui si scrive di più, ma è anche una delle nazioni in cui si legge di meno. Questo dato dovrebbe già farci comprende che c’è qualcosa che non va. Tanta gente scrive poesia e nessuno vieta e vieterà mai loro di farlo. Esprimersi è un diritto fondamentale, sacrosanto. Tuttavia, tra scrivere poesie ed essere un poeta vi è una notevole differenza. Francesco Strocchi è un poeta. Questo non solo per i suoi versi più strutturati a livello metrico o per l’uso eccelso dell’assonanza (personalmente parlando, credo di aver letto alcuni dei versi “più ritmati” degli ultimi anni).

Un poeta è tale proprio quando la “struttura” non pesa, ovvero quando il lettore meno colto riesce ad approcciarsi all’opera e ad appassionarsi. Come spesso si sente dire: abbiamo già raccontato tutto e, forse, quest’affermazione è veritiera. Tuttavia, a fare la differenza non è tanto il tema, quanto come lo si narra.

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Ultimissime dall’Italia: poesia catulliana che sa di prosa https://www.classicult.it/ultimissime-italia-poesia-catulliana-che-sa-di-prosa/ https://www.classicult.it/ultimissime-italia-poesia-catulliana-che-sa-di-prosa/?noamp=mobile#respond Sun, 26 Jan 2020 18:48:38 +0000 https://www.classicult.it/?p=90011 Il senso della poesia di Francesco Strocchi nelle sue "Ultimissime dall'Italia", si ritrova in una sua limpida e saggia dichiarazione di poetica

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In una breve nota scritta per ClassiCult, a seguito dell’assegnazione dei Premi Nobel per la Letteratura del 2018 e 2019, lamentavo l’assenza di poeti tra i premiati degli ultimi decenni – o forse di sempre.

Il motivo, tuttavia, di certo non si cela dietro la mancanza di poeti, o meglio di autori di opere in versi. La verità è, al contrario, che di poesia (o, mi ripeto, roba scritta in versi) se ne scrive tanta, tantissima, troppa. Quasi la metà dei miei contatti Facebook ha pubblicato una propria personale raccolta di poesie, poesiole, cosette simil-poetiche. E io non le ho mai recensite.
Perché, allora, oggi mi ritrovo a scrivere una recensione a Ultimissime dall’Italia, la prima raccolta di poesie di Francesco Strocchi?

Non, banalmente, perché Francesco, come me, è un classicista. Non, banalmente, perché, come me, è un italiano che vive in Inghilterra. O perché abbiamo scoperto che ci piacciono gli stessi libri. Ma perché, a mio avviso, l’onestà delle sue poesie merita una riflessione scritta.

Andiamo con ordine. Una caratteristica principale accomuna gran parte del marasma di nuovi poeti (il ‘gracidante limo dei neòteroi’, per citare Montale, prima di tornare a Catullo): la sconfitta del metro, molti decenni fa – se di sconfitta si può parlare – pare aver autorizzato un catastrofico fraintendimento a proposito dell’uso del verso libero. Che non si scriva più in endecasillabi, ottonari, o trimetri giambici scazonti lo abbiamo accettato da tempo, ma, se ci facciamo più attenzione, la grande poesia del ‘900 il metro l’ha comunque reinterpretato e il ritmo l’ha conservato (e qui, non dilungandomi, lascerei la parola ai critici veri). Lo sdoganamento del verso libero ha prodotto però la convinzione aberrante che, in fondo, basti spezzare a caso una prosa un po’ convoluta per fare una poesia.

 

In soldoni

Che basti

Con irruenza

Andare a capo

Spesse volte

A nobilitare

Il coacervo

Di idiozie

Che uno pensa.

La notte.

 

Mossa quest’obiezione, il nuovo poeta medio, si difenderà dicendo che la poesia si è evoluta, che noi criticoni siamo attaccati a modelli vetusti, che “ma non la vedete l’eleganza e la modernità del mio verso?”, e che “Ungaretti non faceva lo stesso? Scriveva in versi liberi”.

 

Si sta come

d’autunno

Sugli alberi

le foglie.

 

‘Amico’ – vorrei dirgli – ‘guarda meglio, anzi, ascolta bene: sono due settenari, li ha solo spezzati’. Ma omettendo oziose digressioni su Ungaretti, vi posso assicurare che il “nuovo poeta” (senza offesa per i catulliani veri), che non fa i conti con la metrica perché non l’ha voluta studiare, mai ammetterà di essere solo un prosatore pigro (perché la narrativa richiede una storia, la poesia non per forza, anche se…) e si appellerà all’ardore scatenatogli dalle muse in chissà quale notte in cui aveva bevuto troppo gin, lambrusco, o forse litri di Peroni. L’ardore del verso, della forma di letteratura più alta è nobile: la poesia.

 

Qual è il senso di questa invectiva ad poetas, se all’inizio volevo solo recensire l’opera prima del buon Strocchi? Il senso, quell’onestà della poesia di Francesco a cui facevo cenno all’inizio, ovvero ciò che davvero mi preme lodare di queste sue Ultimissime, si ritrova in una sua limpida e saggia dichiarazione di poetica:

“I miei sogni scrivo di mattina, nelle pagine delle mie poesie in forma di prosa

scoliaste a commento dell’anima in versi […]”.

 

Ci sarebbe così tanto da scrivere su questo libro. Su quanto sia interessante che si intitoli Ultimissime dall’Italia, pur essendo scritto da uno che in Italia non ci vive più stabilmente da moltissimi anni. Su quanto sia catulliano e dotto il suo stile e il suo impianto: c’è l’amore, c’è l’affetto, le invettive politiche e ad personam, il turpiloquio e le amare e giuste offese ad un datore di lavoro bavoso e corrotto. Si leggono una vita e una visione del mondo, scritte bene ed elegantemente infarcite di cultura classica, di storia e filologia, neologismi intelligentissimi, bilinguismo (e bi-culturalismo), riferimenti appropriati e sapienti a letterature altre e molteplici – alla cultura italiana locale e nazionale, e dotte sottigliezze (come la splendida immagine dello sfregio, una moderna sfragis, il sigillo per i greci). Lo stile è curatissimo, ma mai artefatto: il gioco di anacoluti della poesia per Jacopo è di raffinatezza estrema; gli asindeti frequenti conferiscono un incalzare violento e rapido alla lettura. La cultura pop locale (italiana, inglese) si inserisce con grazia all’interno delle citazioni ai grandi poeti di tutti i tempi, all’intertestualità fitta e mai forzata di questi componimenti. Ci sarebbe, sì, molto da dire su ognuno di questi tratti della poetica di Francesco Strocchi, ma la sua “poesia in forma di prosa” è una consolazione così grande per il mio animo di lettrice contemporanea, che finisce per surclassare il resto e divenire il fulcro del mio commento.

 

Francesco ci insegna che i versi possono essere lunghi, che non basta (e non serve!) fare dei righi a pezzetti per trasformarli in una poesia. Che il ritmo e la bellezza delle parole possono somigliare un po’ a quello della prosa, non occorre vergognarsene, la novità si può impugnare. Che ci si può reinventare un genere. O inventarne uno nuovo di sana pianta.  Che innovazione non deve essere mai un sinonimo sbadato di accidia.

Ultimissime dall'Italia Francesco Strocchi
La copertina di Ultimissime dall’Italia di Francesco Strocchi, nell’edizione con prefazione di Federico Campagna, dalla collana La carrucola del pozzo di 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni

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