A Rapa Nui esaurirono davvero le risorse?

Rapa Nui, l’isola conosciuta ancora popolarmente col nome di Isola di Pasqua, uno degli ultimi luoghi del pianeta ad essere colonizzato (da gruppi umani polinesiani), è spesso presa come esempio principe di ecosistema nel quale l’uomo esaurisce tutte le risorse disponibili, che siano forestali, provenienti dal mare, dalla terra. A rendere popolare questa visione ci sono libri come Collasso (2005) di Jared Diamond, film e innumerevoli documentari.

Alla base di questa convinzione, l’idea che le poche migliaia di abitanti incontrati sull’isola dai colonizzatori europei al loro arrivo (la domenica di Pasqua del 1722), non avrebbero potuto costruire da soli  le grandi statue monolitiche note come moai, e che quindi la popolazione indigena dovesse essere in precedenza ben maggiore.

Hundreds of huge stone statues known as moai built by earlier residents are taken by some as evidence of a onetime much larger population. Photo by Stephanie Morcinek
La costruzione dei moai è tradizionalmente presa come prova di una popolazione molto più ampia sull’isola. Foto di Stephanie Morcinek

Uno scetticismo che storicamente ritroviamo spesso, ogniqualvolta siamo di fronte a opere impressionanti costruite da altre culture. Le piramidi americane non potevano essere costruite dagli indigeni, ma ci doveva essere alla base una cultura superiore, che poteva essere qualche colonizzatore dal Mediterraneo, quando non Atlantidei o alieni. Si tratta perciò di un punto di vista che tradisce un senso di superiorità e che manca di voler comprendere davvero la cultura che si ha di fronte, non solo in termini di mezzi tecnici, ma pure di organizzazione sociale e capacità di adattamento.

In questa narrazione dell’ecocidio, quelli che i colonizzatori europei vedevano nel 1722 non erano quindi che i resti di una grande civiltà, la cui popolazione si era espansa demograficamente ben oltre i limiti dettati dalla sostenibilità. A sostenere questo punto di vista ci sarebbero anche le teorie malthusiane, per le quali le risorse alimentari crescono con un ritmo molto inferiore rispetto a quello della popolazione. Rapa Nui sembrava costituire un esempio perfetto per il fenomeno descritto dall’economo inglese.

Questa dell’esaurimento delle risorse e del conseguente crollo demografico a Rapa Nui è una narrazione che sta venendo man mano scalfita da nuove scoperte e analisi: un nuovo studio, appena pubblicato su Science Advances, la mette definitivamente in dubbio, prendendone in esame i giardini rocciosi (in inglese, rock gardens).

Più in generale, lo studio si colloca in un contesto di discussione nel quale le spiegazioni riguardanti il declino demografico dell’Isola di Pasqua sono tendenzialmente due: quella dell’ecocidio e quella che invece ritiene responsabili gli Europei, che avrebbero portato le malattie che uccisero buona parte dei Nativi.

So-called rock gardens were key to feeding the population of Rapa Nui, today commonly known as Easter Island. Robert DiNapoli, coauthor of a new study on the gardens, inspects one. Photo by Carl Lipo
I cosiddetti giardini rocciosi (rock garden), centrali per l’alimentazione della popolazione di Rapa Nui. Nella foto, uno degli autori dello studio, Robert DiNapoli, mentre ne ispeziona uno. Foto di Carl Lipo

Il punto di partenza per comprendere i giardini rocciosi, al centro della nuova ricerca, sta nel fatto che Rapa Nui è un’isola vulcanica, nella quale però le eruzioni sono terminate decine di migliaia di anni fa e i nutrienti sono stati erosi.
Se in principio i Nativi utilizzavano la tecnica dell’addebbiatura (anche nota come taglia-e-brucia), in seguito si adattarono all’ambiente (e al numero limitato di alberi sull’isola) utilizzando rifiuti vegetali e la tecnica della pacciamatura litica. Quest’ultima consiste nell’impiego di rocce su superfici almeno parzialmente protette da mare e vento. Negli interstizi tra le rocce piantavano la patata dolce. Alcuni di questi giardini rocciosi sono utilizzati ancora oggi, e si tratta di una tecnica utilizzata anche altrove (dai Nativi in Nuova Zelanda, alle Canarie, ecc.).
La patata dolce era la coltivazione principale in questi giardini (c’erano anche taro e igname) e alla base dell’alimentazione degli abitanti dell’isola. I giardini rocciosi costituiscono perciò un elemento utile per stimare la popolazione e questo è ciò che hanno fatto due ricerche, del 2013 e del 2017.

Grazie alle immagini satellitari SWIR (ovvero short-wavelength infrared, una regione dell’infrarosso) e all’intelligenza artificiale, gli autori del nuovo studio hanno effettuato una nuova stima dell’area destinata ai giardini rocciosi. Con altri mezzi, una stima del genere avrebbe richiesto decenni, e per quanto ci sia un margine non indifferente di errore (l’accuratezza sarebbe superiore all’80%) nelle valutazioni effettuate, queste sarebbero – secondo gli autori – comunque tali da smentire i risultati delle ricerche precedenti, che esageravano di molto la dimensione massima della popolazione sull’isola.
Secondo le nuove analisi, i giardini rocciosi occupavano appena l’1% della superficie di Rapa Nui. Con un’estensione del genere, si sarebbero sostenute al massimo 2 mila persone. Altre fonti di approvvigionamento alimentare provenivano soprattutto dalle risorse marine o in misura minore da altre coltivazioni, come taro, banane o canna da zucchero: complessivamente queste avrebbero potuto contribuire al fabbisogno per un 35 – 45%.

La popolazione di Rapa Nui, quindi, secondo il nuovo studio non avrebbe mai potuto crescere fino ai livelli precedentemente stimati (16, 17 o addirittura 25 mila abitanti), che sarebbero stati insostenibili. Al contrario, sarebbe un esempio di popolazione resiliente e piuttosto stabile per secoli – spiega l’autore principale Dylan Davis, ricercatore PhD alla Columbia Climate School – ,  riuscendo ad adattarsi e a modificare l’ambiente, nonostante le risorse limitate. Per le nuove stime, la probabile popolazione di Rapa Nui si sarebbe attestata tra i 3 e i 4 mila abitanti.

In realtà, si diceva, lo studio su Science Advances non è un fulmine a ciel sereno, ma si colloca in un contesto di studi che negli anni stanno andando a rivedere la narrazione popolare dell’esaurimento delle risorse a Rapa Nui. Carl Lipo, archeologo all’Università di Binghamton, sottolinea come l’idea di un insostenibile taglia-e-brucia circoli ancora presso il pubblico, ma che in alcuni settori di studio come l’archeologia ci si sta allontanando da quel punto di vista. Secondo altre ricerche precedenti, la stessa deforestazione (uno dei simboli dell’esaurimento delle risorse) non sarebbe stata un fenomeno improvviso, ma graduale e avvenuto in varie epoche, e dovuto anche ad altri fattori come la siccità. Una ricerca del 2021 esaminò statisticamente l’adattamento della popolazione alla deforestazione e ai cambiamenti riguardanti El Niño, mostrandone la sostanziale stabilità e quindi la resilienza. Secondo questi e altri studi, non ci sarebbe stato un collasso culturale prima dell’arrivo degli Europei.

A Rapa Nui esaurirono davvero le risorse?

In conclusione, il nuovo studio ci invita sicuramente a interrogarci sul fatto che l’esaurimento delle risorse e il crollo demografico a Rapa Nui si sia effettivamente verificato, nei termini descritti dalla narrazione più popolare sulle sorti dell’isola.

Gli autori, sulla base dei dati da loro raccolti, sembrano escludere un crollo demografico a partire da cifre come 16 o addirittura 25 mila abitanti, e insistono su una sostanziale stabilità demografica. Il margine di errore non è indifferente nello studio in questione, ma l’accuratezza sarebbe comunque sufficientemente elevata per mostrare quanto stime precedenti fossero esagerate: questa ricerca si mostra insomma come un importante tassello verso una diversa direzione. Analisi future potranno chiarire ulteriormente i termini della questione.

 

Riferimenti  bibliografici:

Island-wide characterization of agricultural production challenges the demographic collapse hypothesis for Rapa Nui (Easter Island), Science Advances (27-Jun-2024) Vol 10Issue 25, DOI: 10.1126/sciadv.ado1459

Hundreds of huge stone statues known as moai built by earlier residents are taken by some as evidence of a onetime much larger population. Photo by Stephanie Morcinek
A Rapa Nui esaurirono davvero le risorse? Foto di Stephanie Morcinek

Þegi þú, Týr, þú kunnir aldregi bera tilt með tveim; handar innar hægri mun ek hinnar geta, er þér sleit Fenrir frá.

Write A Comment

Pin It