Il segreto di Bruto, di Raffaele Alliegro: alle origini della nascita della Res Publica
Se il Bruto più famoso che la storia ricorda è quel Marco Giunio congiurato che alle Idi di Marzo del 44 a.C fu tra gli assassini di Cesare, il suo antenato, Lucio Giunio, fu altrettanto cruciale per le sorti di Roma. Tuttavia, nel confronto col successore, rimane quasi in sordina, pur avendo obbedito allo stesso modo a uno dei valori fondanti della potenza romana: la difesa della libertà.

La sua vicenda, direttamente legata alla nascita della Res Publica dopo lo stupro di Lucrezia da parte di Sesto Tarquinio, è stata ripercorsa in maniera attenta e rispettosa delle fonti ne Il segreto di Bruto (Edizioni Spartaco) dal giornalista e caporedattore de Il Messaggero Raffaele Alliegro, scomparso lo scorso maggio 2024.
In quanto romanzo storico, Il Segreto di Bruto conduce fin da subito nelle atmosfere contraddittorie dell’ultimo periodo monarchico della Roma antica, divisa tra la presenza etrusca degli ultimi re ormai consolidata nei costumi e nelle tradizioni e quella romana d’origine, primitiva, che per questo ancora fatica a integrarsi. Il risultato è un racconto ben costruito che rivela una conoscenza profonda tanto del periodo storico quanto della cultura dominante, rintracciabile nelle descrizioni degli ambienti, dei modi di pensare dei personaggi, del loro stesso modo di esprimersi.

A ricordare al lettore il lavoro dietro la stesura del romanzo contribuiscono non solo alcune citazioni dell’Ab Urbe Condita di Tito Livio, massima fonte cui l’autore ha fatto riferimento, disseminate all’inizio di alcuni capitoli e che collocano ogni episodio del romanzo in un dato momento della storia romana, ma anche una nota finale dell’autore, la bibliografia consultata e una vera e propria rubrica di personaggi realmente esistiti che figurano anche all’interno del racconto.
Nonostante il rischio di una ricostruzione fine a sé stessa della storia di Bruto, della sua vendetta in favore di Lucrezia e della liberazione di Roma dai Tarquini, Alliegro, però, non cade mai nella trappola di una narrazione pedante o troppo didascalica: ogni informazione è funzionale alla trama e alla caratterizzazione dei personaggi. Le descrizioni degli ambienti, delle città, delle battaglie e delle dinamiche politiche sono dettagliate, ma mai ridondanti. L’autore riesce, infatti, a mescolare dialoghi vivaci, riflessioni interiori dei personaggi e momenti di azione in modo equilibrato, mantenendo un ritmo sostenuto e l’attenzione del lettore sempre alta.
Anche lo stesso “segreto” di Bruto, che dà il titolo al romanzo, è uno stratagemma che si insinua tra le pieghe della narrazione, alimentando la curiosità del lettore che si chiede fino a quando Bruto saprà portare avanti la recita che, fin dalla morte della madre, lo vuole stupido, Brutus, appunto, incapace di intendere e di volere per proteggersi dalle mire del re Tarquinio, di cui è diretto nipote.
“Prima di lasciarlo, ordinò alla giovane governante Larenzia di trasferirsi nella villa, tenerlo lontano dal re e ricordargli ogni giorno che doveva far credere a tutti di essere stupido, rozzo, ignorante e inoffensivo. Sarebbe stato l’unico modo per evitare che fosse ucciso nel giorno in cui avrebbe indossato la toga virile.”1
È così che Bruto viene adottato e accolto a palazzo dallo zio Tarquinio che così gli permette inconsapevolmente di tramare nell’ombra con la discrezione e la determinazione di chi sa di essere predestinato.
L’idea della predestinazione, infatti, permea tutto il racconto, dando rilievo a figure in questo senso emblematiche come il gran sacerdote dei Tarquini Spurinna e le tre Pizie. Di una di queste, incaricata di condurre i Libri Sibillini da Delfi a Roma, si leggono alcuni resoconti indirizzati ai sacerdoti del tempio di Apollo a Delfi che spezzano il racconto, ma allo stesso tempo lo arricchiscono offrendo un punto di vista originale e a cavallo tra cultura greca e romana.
“[…] Ho capito che avete ragione: dobbiamo fare di tutto per rafforzare i romani, sono gli unici che possono ostacolare l’espansione degli etruschi verso sud.”2

Con una narrazione ricca di azione, introspezione e riflessioni morali, Alliegro offre una visione verosimile e profonda della Roma pre-repubblicana e delle sue sfide politiche e sociali, dalla quale la figura di Bruto emerge come quella di un uomo tormentato, capace di scelte difficili, come ad esempio la condanna a morte dei suoi stessi figli, per il bene della patria.
Da questo punto di vista, quindi, il romanzo non solo intrattiene, ma invita anche alla riflessione su temi universali come il potere, il tradimento e la giustizia, rendendolo una lettura consigliata per chiunque sia appassionato di storia antica, ma anche di storie che parlano dell’uomo e delle sue lotte interiori.

Note:
1 R. Alliegro, Il segreto di Bruto, Edizioni Spartaco, 2018, p. 14.
2 Ivi, p. 54.
Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.